Archi del Vento

Scritto da Giuliano in . Inviato in Alpinismo, Senza categoria, Ski-alp, Vie nuove

UN VIAGGIO NEL CUORE DELLA MONTAGNA, CON PASSAGGI DA TOGLIERE IL FIATO, TRA IMMENSI ARCHI DI ROCCIA, COLATE, BUCHI, CAMINI E TRAMONTI STRABILIANTI…

Con il nostro Ragno Francesco Rigon

Certe volte se ci credi i sogni si avverano… e sta volta il sogno si è avverato!

In una vigilia di Natale molto ventosa, all’alba siamo a Forcella della Spalla del Duranno, da qui scendiamo brevemente sul versante Nord e per un ampia cengia guadagniamo l’attacco del camino, e sorpresa, il ghiaccio c’è e pure tanto. L’entusiasmo ci pervade, sí perché se il ghiaccio c’è alla base è probabile che tutta la linea sia formata.

Non stiamo più nella pelle per iniziare a scalare, e i miei compagni mi lasciano l’onore di aprire i primi due tiri della via, non molto impegnativi ma bellissimi. Al termine del secondo tiro mi ritrovo dentro un antro chiuso sul fondo da uno strapiombo a volta che si interrompe in un foro centrale che da accesso alla parte superiore della via. Qui è il turno di Luca che tira fuori le sue doti di fuoriclasse dell’alpinismo dolomitico e dopo varie peripezie supera questo camino a volta che pur non essendo il tiro più difficile della via si rivela sicuramente il più complesso. Fuori dal primo arco si entra immediatamente in una seconda grande grotta, anch’essa culminante in un foro da cui pendono festoni di ghiaccio, anche questo passaggio con una spaccata degna di Carla Fracci viene risolto da Luca.

Seguono altri tiri impegnativi in cui ci alterniamo io e il Mircone. Ma la linea non smette di sorprenderci con un terzo arco, che in questo caso aggiriamo per terreno più semplice, ma che si può percorrere con una variante, senza troppe difficoltà. E sul finale superiamo un quarto enorme arco, in corrispondenza del penultimo tiro.

Finito il terreno verticale riprende il comando Luca, restiamo legati fino a raggiungere la cengia anulare per terreno classico e non troppo impegnativo. Da qui seguendo la cengia e poi la normale del Duranno scendiamo a Forcella del Duranno in un’oretta, inseguendo Luca che si è messo in modalità Cruise control…

Terminiamo questa bellissima vigilia di Natale alla rinomata Enoteca di Erto, dove con la pancia piena troviamo o meglio scopriamo il nome che questa via già aveva in serbo per noi.

Relazione della via:

Difficoltà: M7+ WI5 IV 450m (+ 200m per l’uscita 60° M3 max)

Primi salitoti: Mirco Grasso, Francesco Rigon, Luca Vallata (il 24/12/2023)

Accesso: Dal rif. Maniago (non provvisto di bivacco invernale) per sent. 382 si raggiunge Forcella della Spalla, scesi sull’altro versante dopo una cinquantina di metri, si attraversa verso destra (Est) e si rimonta su di un’ampia cengia che si percorre fino all’evidente attacco della via, posto in un camino ghiacciato alla destra di un marcato sperone.

Materiale: una serie di friend dal 0,2 al 4 (misure BD), 7 viti da ghiaccio, una scelta di chiodi e martello

Discesa: Dalla fine dell’ultimo tiro per terreno classico (60° max M3) ci si dirige verso sinistra fino alla forcella tra il Naso e il Duranno. Da qui sempre verso sinistra sul versante Sud si guadagnano 50mt di quota fino a raggiungere l’ampia cengia anulare. la si percorre verso Est (sinistra faccia valle) fino a ricongiungersi alla Normale del Duranno, e seguendola a ritroso si raggiunge Forcella del Duranno. Dalla Forcella per sentiero 374 si ritorna al rifugio Maniago

Solo per un sorriso

Scritto da Giuliano in . Inviato in Alpinismo, Sci alpinismo, Senza categoria, Ski-alp, Vie nuove

Nuova via di ghiaccio sulla Croda di Cacciagrande nel Gruppo del Sorapiss

Difficoltà: WI 5+ 170m

Primi salitori: Francesco Rigon e Mirco Grasso 

Materiale: 10 viti da ghiaccio (anche corte) e una serie di Friend (misure dal 0,4 al 3 BD)

Accesso: Dalla Loc. Valbona, raggiungibile da Auronzo di Cadore lungo la SR48 direzione Misurina parcheggiando all’ex hotel Cristallo 1350m, seguire il segnavia 217 fino al rif. Vandelli (bivacco invernale con 6 posti). Proseguire brevemente per il sentiero che porta alla ferrata Vandelli e appena giunti su terreno aperto piegare verso Nord. Per terreno morenico giungere a quel che resta del ghiacciaio centrale e rimontare l’anfiteatro del ghiacciaio fino al suo culmine (3-4h in funzione dell’innevamento). Per guadagnare l’attacco vero e proprio bisogna risalire un evidente rampa canale sulla sinistra e attraversa su terreno moderatamente ripido verso destra fino alla base della evidente cascata (1h da affrontare solo con nevi assestate)

Descrizione dei tiri:

  1. Salire la goulotte con andamento semicircolare prima a destra e poi verso sinistra fino alla base del muro di ghiaccio. Sosta su due chiodi. AI3 M 60m 
  2. Salire il muro di ghiaccio e proseguire per la colonna soprastante fino ad un ripiano sulla sinistra dentro un camino. Sosta da attrezzare su 3 friend (misure BD 1 2 3). WI5+ 50m
  3. Proseguire per la colata verticale a destra della sosta fino a raggiungere terreno più appoggiato. Sosta su ghiaccio alla base del tiro successivo. WI5 35m
  4. Salire il muro di ghiaccio dell’ultimo tiro sul margine destro fino a raggiungere una nicchia. Sosta su 2 chiodi al margine destro della nicchia. WI 5+ M 30m

Discesa: In doppia lungo la via. La prima doppia su chiodi (40m). La seconda su abalakov da attrezzare sopra il muro verticale del 3° tiro (55m) fino alla prima sosta. Ultima doppia su chiodi (60m).

Breve racconto:

È da un po’ di tempo che avevo voglia di mettere il naso in questo angolo sperduto delle dolomiti, e la settimana scorsa durante una gita di scialpinismo sui Cadini di Misurina intravedo una linea di ghiaccio sul Sorapiss, e il sogno di questa salita inizia a nascere. 

Il Mircone non vedeva l’ora di ingaggiarsi in una nuova avventura, così sabato sera viene a dormire da me e alle 6 di domenica (19/12/2023) siamo in partenza da Valbona carichi come i muli. Sì perché avevamo il materiale per una salita dal carattere incognito e pure i parapendii per una discesa agevole. 

L’avvicinamento non ha nulla da invidiare a quelli patagonici, ci impieghiamo 5h ad aprirci la strada fino all’attacco, e un’altra per risalire lo zoccolo.

Siamo stanchi morti, ma appena iniziamo a scalare il morale si rialza, la linea si rivela molto più interessante e impegnativa di quello che sembrava dal basso, la scalata è entusiasmante ed ingaggiosa. 

In sosta all’ultimo tiro, dopo un po’ di brainstorming su come fare a costruire un ancoraggio senza lasciare 4 friend da abbandono, riusciamo a piantare 2 chiodi bomba e finalmente esplode la gioia per aver concluso questa bella salita.

Iniziamo le calate con un tramonto meraviglioso, purtroppo quel tramonto sarebbe stato ancora più bello visto sotto la vela durante una piacevole planata fino alla macchina. Ma poco male arriviamo al deposito materiale che è già buio e iniziamo la “breve” discesa che in 3h ci riporta alla macchina.

Il nome nasce da una riflessione che abbiamo fatto lungo la discesa… È incredibile quello che siamo disposti a fare per una prima salita. Tutta quella fatica per qualcosa che forse, visto da fuori, non vale neanche molto…ma va vissuto, ed ecco che diventa gioia pura. Ho pensato di dedicare il nome della via a mio figlio Pietro; vuole senza pretese essere una metafora di quello che un genitore è capace di fare, in cambio anche solo di un sorriso del proprio figlio.

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La CRODA BIANCA…il Cervino del Cadore

Scritto da Giuliano in . Inviato in Alpinismo, Senza categoria, Vie nuove

Enorme montagna delle Marmarole che ti da il benvenuto già salendo dalla pianura.
Quante volte ogni la guardo passando sulle strade dei nostri paesi..
Quante volte ci sono passato sotto sul sentiero che va dal Rif. Bajon al rif. Chiggiato e viceversa o magari passando sulle sue cengie..
“Aprire una via nuova li deve essere una figata” ho sempre pensato..
Be uno di quei giorni che vai per montagna senza molte idee in testa, mi son trovato a girare su per il Vallon del Froppa e ho visto sta specie di avancorpo (cosi credevo io)che era circa un terzo della parete sul
versante verso la Cresta d’Aieron.
Sotto una pioggia estiva,(con l’ombrello come il peggiore degli alpinisti della domenica) mi son messo a cercare una linea di salita che comprendesse una via accettabilmente interessante e con roccia buona.
Arrivato prima di questo pilastro, visto che la pioggia stava diventando temporale, mi sono riparato in un piccolo “Landro” che era perfettamente riparato e asciuttissimo.
Faccio per sedermi appoggiando la mano a terra senza vedere che c’era un CARDO stupendo, che come tutti sanno è bellissimo, forte e intoccabile appunto perché pieno di aculei, mi tiro su di scatto come fossi
saltato su una bomba, guardo il palmo ed era come fossero state tatuate due labbra da tante spine erano piantate.
Li ho pensato tra me e me ”ho anche già il nome della via, IL BACIO DEL CARDO devo proprio provar a aprire una linea su qua.”
Così rannicchiato tra ginocchia e mento.. ho aspettato che spiovesse, fatto due foto alla parete e son tornato verso casa progettando il da farsi.
In più viaggi e un po alla volta ho portato nel “Landro” il materiale che mi sarebbe servito per cominciare sto nuovo cantiere, assumendo per la manovalanza anche la mia nipotina Maria Dalla Fontana, cresciuta
anche lei tra queste montagne e adesso chirurgo veterinario in Gran Bretagna.
Con lei ho aperto il primo tiro e poi causa la batteria del trapano finita nel ghiaione, siamo scesi posticipando ancora la progressione della via.
In un’altra giornata scalando da solo ho aperto in auto sicura altri due tiri, e poi durante il raduno dei gruppi alpinistici delle dolomiti “Dolomia”(la quale organizzazione quest’anno era stato fatto dal Gruppo a cui
appartengo Gruppo Ragni di Pieve di Cadore) assieme a Mauro Devich un carissimo amico, nonché Guida Alpina del Ufficio Guide di Cortina D’Ampezzo e appartenente ai Caprioli di San Vito di Cadore, abbiamo
aperto altri 5 tiri.
Ci aspettavamo di finire quello che sembrava un avancorpo staccato dalla parete, ma arrivati ad una cengia e fatto un altro tiro abbiamo realizzato che quello che si vedeva dal sentiero era solo uno sperone e che la
parete dove stavamo salendo era integra e proseguiva per altri due terzi.

Finiti batterie e spit ci siamo calati con l’intento di tornare al più presto per continuare ma il maltempo e
poi il ghiaccio sulla strada per pian dei buoi ci hanno costretti a desistere.
Per ora pubblichiamo sti tiri, poi vediamo se a primavera troveremo la voglia e il tempo magari ci riserviamo
di continuare li dove abbiamo lasciato sta via che, senza pretese, potrebbe essere un bel passare una giornata in un ambiente favoloso.

Il nostro Ragno Gianmario Meneghin con l’Amico Mauro Devich

FENOMENO FRANCESCO RIGON IN MARMAROLE

Scritto da Giuliano in . Inviato in Alpinismo, Incontri, Vie nuove


3 anni in Sella! Ecco il nome che abbiamo scelto per la nuova via sulla cima Le Selle Ovest, nel gruppo delle Marmarole.
Ci sono voluti tre tentativi per portare questa linea in cima alla parete, divisi in tre anni, tre avventure incredibili!
La dedica va a Ferruccio Svaluto Moreolo “Ferox” ex presidente del gruppo Ragni di Pieve di Cadore, di cui faccio parte, e che sulle Marmarole ha aperto numerose vie, alcune ancora irripetute!

https://francescorigon.com/2022/10/01/3-anni-in-sella/

“TUTTAVITA” TORRE LAURA – SPERONE SUD gruppo del Ciareido, Marmarole.

Scritto da Giuliano in . Inviato in Alpinismo, Vie nuove

Nuova via nel gruppo delle Marmarole Zona Pian Dei Buoi (avancorpo Torre Laura 2420m parete sud) Via attrezzata completamente a fixe da 10mm aperta nell’estate 2016 da Pivi, Riccardo e Letizia

28-08-2016

Il racconto di Riccardo Donò dell’apertura in più riprese della nuova via d’arrampicata ‘Tuttavita’ (VI, 355m), aperta sull’avancorpo sud della Torre Laura, gruppo del Ciareido, Marmarole (Dolomiti) insieme a Letizia Donó e Alex Pivirotto. LA VIA È APERTA! Ieri sera, dopo sei ore di battaglia e quattro ore fra avvicinamento, calate e rientro, abbiamo aperto la nuova via alpinistica per la vetta dello sperone sud della Torre Laura, gruppo del Ciareido, Marmarole. Tuttavita, questo è il nome che Letizia, 13 anni, ha voluto dare alla via, percorre la parete sud dello sperone, con una linea elegante e logica. Non sfrutta i punti deboli della parete, ma si sviluppa sempre in verticale, eccetto un piccolo trasferimen…to e venti metri di roccette fino alla base della torre. Undici tiri, per lo più tra 35 e 40 metri, quasi quattrocento metri di dislivello e difficoltà costanti di IV+, con tiri di V, V+ e VI. La discesa prevede due calate in doppia. La prima di 50 metri, di cui parte del vuoto, e la seconda di 20. Poi una cengia segnalata e una corda fissa da noi attrezzata, conducono fino ad una sella e da qui un sentiero riporta all’attacco. In vetta, abbiamo lasciato il libro di via e i “lung-ta”, i cavalli del vento tibetani. Un grazie di cuore ai compagni di cordata, e una preghiera alla montagna, che non ci ha respinto, e che ci ha affrontato con onore.

dal racconto di Riccardo Donò

 

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